giovedì 10 aprile 2014

Risate e provocazioni con Giuseppe Veneziano

Giuseppe Veneziano
Giuseppe Veneziano è un giovane artista siciliano, tra i più provocatori e ironici del panorama italiano contemporaneo. 
Nato a Mazzarino in provincia di Caltanisetta nel 1971 dalla critica è considerato uno dei massimi esponenti della cultura New Pop italiana, nelle sue opere mescola realtà e finzione, con la sua arte non concede tregua a nessuno, la politica, il sesso, la religione e persino il passato viene rivisitato in modo completamente critico.
La sua arte è un enorme melting pot di valori distrutti dalle contraddizioni della società moderna, sempre diretta e poco intellettualizzata per essere il più comprensibile possibile.
Così Dante Alighieri che abbandona la sua penna d’oca  per suonare una Fender, Wonder Woman che si masturba chiusa nella sua stanza e Gesù che mangia un grosso big mac diventano i simboli dell’irrefrenabile fantasia creativa del pittore siciliano che inevitabilmente tra le risate provocano anche molte indignazioni.
Nel 2007 viene premiato alla VI Biennale di San Pietroburgo, mentre l'anno dopo è uno dei 20 artisti che rappresentano l'Italia alla mostra Artâthlos, allestita a Atene nell'ambito delle Olimpiadi 2004.
Nel 2009 partecipa alla Biennale di Praga e sempre nello stesso anno con l'opera Novecento, che include diversi esponenti storici del XX secolo che si accoppiano con eroine dei fumetti e pornostar farà parlare molto di se. 
Nel 2011 espone alla Biennale di Venezia l'opera Solitamente vesto Prada e nel 2012 partecipa alla Biennale Italia-Cina.



La strage degli innocenti
Marge
Vincent Van Gogh

Wonder Woman
McEmmaus
Starway to heaven


lunedì 7 aprile 2014

Il Misticismo sensuale di Gian Lorenzo Bernini

Gian Lorenzo Bernini
Gian Lorenzo Bernini fu uno dei personaggi più influenti del Seicento italiano nacque a Napoli nel 1598 e morì a Roma nel 1680.  Architetto, scultore, pittore, scenografo, scrittore di teatro è senza ombra di dubbio il massimo protagonista della cultura figurativa barocca.
In lui fu sempre presente la ricerca dell’effetto scenografico, avendo cura di fondere scultura e architettura in un’unica spazialità, nella quale anche la luce veniva magistralmente controllata.
Tutte le sue opere sono degli autentici capolavori ma una in particolare rappresenta il periodo cruciale della ricerca berniniana, un’opera nella quale confluiscono tre arti architettura, scultura e pittura, si tratta de l’Estasi di Santa Teresa d’Avila, custodita nella cappella Cornaro in Santa Maria della Vittoria a Roma, realizzata nel 1647-1652.
Questa scultura venne commissionata a Bernini dal cardinale Federico Cornaro per la cappella di famiglia all'interno della quale realizzò uno dei suoi capolavori più celebrati. Tutta la cappella venne concepita come uno spazio teatrale, tipicamente barocco, con tanto di palchetti laterali da cui si affacciano i committenti per ammirare l’evento miracoloso ovvero la Santa spagnola che viene "attaccata" dalla fede, simbolicamente rappresentata dalla freccia che sta scagliando l’angelo e dai raggi divini in bronzo che giungono dall’alto.

L'Estasi di Santa Teresa d’Avila 1647-1652
In questo fastoso impianto scenico Bernini abbandona la compostezza classicheggiante della scultura rinascimentale e Santa Teresa e l’angelo sembrano i protagonisti di un quadro vivente, persino le pieghe delle vesti sono talmente vive da sembrare seta. Bernini immaginario idealizzò la Santa distesa, quasi sospesa e un sorridente angelo in procinto di trafiggerle il cuore con una freccia, dietro i due protagonisti una cascata di raggi luminosi che sembra alludere alla presenza divina.

Misticismo e sensualità in questa scultura sono legati da un legame sottile quasi impercettibile al limite dell’erotismo infatti il rapimento estatico sembra confinare con l’estasi sensuale sottolineato dall’espressione del volto abbandonato, il capo piegato all’indietro e dagli indumenti scomposti.
Bernini era prima di ogni cosa uomo di teatro e dunque perfetto conoscitore delle tecniche e dei trucchi ottici proprio per questo con l’Estasi di Santa Teresa d’Avila è riuscito ad impostare un vero e proprio spettacolo, con conseguente effetto magico della Santa sospesa a mezz'aria.
Quest’opera oltre a produrre un effetto di incredibile ammirazione per la messa in scena finisce soprattutto per suscitare un forte impatto emotivo per chi la guarda, l’immedesimazione è data soprattutto dall’enigmatica espressione della Santa che contribuisce a coinvolgere lo spettatore dato il suo status di opera sacra che rivolgendosi ai sensi diventa anche esperienza interiore.

venerdì 4 aprile 2014

La passione nel marmo di Auguste Rodin

Auguste Rodin
François-Auguste-René Rodin è nato a Parigi il 12 novembre 1840  ed è morto a Meudon il 17 novembre 1917 è stato uno dei più grandi scultori e pittori francesi.
Il suo era uno straordinario talento dato dalla relazione tra straordinaria manualità e intrinseca abilità di trasferire nei suoi lavori l’emozionalità naturale, inquieta, lui stesso sosteneva che il corpo e' un calco su cui s' imprimo le passioni e con la sua mano Rodin andava continuamente alla ricerca del piacere carnale.
Tra le sue opere più famose ricordiamo Le Blaiser, meglio conosciuto come Il Bacio, un massiccio gruppo scultoreo del 1886, ispirato alla vicenda dantesca di Paolo e Francesca, i due amanti morti a causa della loro stessa passione. Quest’opera ha contribuito, assieme a molti altri schizzi e disegni raffiguranti corpi femminili in pose audaci, ad attribuirgli l' immagine di artista erotico.
In ogni sua realizzazione ciò che viene posto in primo piano è senza dubbio il corpo della donna ma il suo intento non si limitava a rappresentarlo solo da un punto di vista estetico, più che altro il suo obiettivo era rendere visibile l’intreccio di impulsi e di sensazioni tipici dell'animo femminile.

Il Bacio 1886

La scultura Il Bacio raffigura i due corpi nudi di Paolo e Francesca abbandonati al desiderio l’uno nelle braccia dell’altro, avvinghiati nel momento in cui incontrano i loro occhi, in cui i loro respiri si confondono, un bacio disperatamente cercato, trattenuto, difeso, lungo un istante che non vuole smettere di esistere e di essere, un bacio completamente indifferente allo sguardo altrui.
La tecnica dell'artista basandosi su un continuo gioco di vuoti e di pieni riesce a dare vita alla materia tanto da lasciare percepire i movimenti sequenziali dei due amanti. 
Il Bacio, si trova esposto al Musee Rodin di Parigi.

Curiosità: Secondo alcuni la coppia de Il Bacio sarebbe in realtà il ritratto dello stesso Rodin e della sua amante Camille Claudel.


Io scelgo un blocco di marmo e taglio via tutto ciò che non è necessario

giovedì 3 aprile 2014

La perfezione di Antonio Canova

Antonio Canova - 1792
Antonio Canova è stato un pittore e uno scultore ma soprattutto è considerato il massimo esponente del Neoclassicismo e l'ultimo grande artista della scultura italiana. Nasce a Possagno il 1 novembre del 1757 e muore a Venezia il 13 ottobre 1822.
Nelle sue opere Canova è evidente come sia continuamente alla ricerca della bellezza ideale quella che nasce dall'idea dell'artista sulla perfezione che non è possibile ritrovare in natura.

Amore e Psiche è una delle sue opere più affascinanti, la sua sensuale raffinatezza è data dall'empatia che riesce inevitabilmente a suscitare. 
E' un'opera realizzata in tre diverse versioni,  ognuna delle quali porta su di sé delle importanti differenze, ma la prima, che fu realizzata da Canova fra il 1788 e il 1793, oggi esposta al Museo Louvre di Parigirimane la più affascinante e universalmente conosciuta. 
Si tratta di una meravigliosa scultura in marmo bianco che rappresenta il dio dell’Amore nell’atto di guardare la sua amata Psiche, nel momento prima di sfiorarle le labbra.

Amore e Psiche 1788 - 1793 

Si intravede una certa tensione che pian piano si scioglie nell'attimo che precede il bacio. La posizione assunta dai corpi perfetti riflette una dinamica sensuale e amorosa che sembra sospendere il tempo e mentre i due amanti si contemplano a quell'istante infinito viene consegnato l'eternità.
La scultura Amore e Psiche realizzata secondo i canoni di lavorazione stabiliti da Canova è in grado di creare un effetto di luce che sembra quasi di ricreare l’armonia della pelle ma ciò che rende veramente immortale quest'opera è l’eleganza dei gesti, quelli del dio Amore che contempla in una posa dolce e sensuale la sua amata e poi l’abbandono di Psiche, in attesa del bacio del suo amante mentre le copre delicatamente un seno.
Guardando quest'opera è possibile comprendere l'ideale del bello di Canova, la perfezione data dalla grazia dei corpi e dei volti ma soprattutto attraverso quest'opera è possibile vedere l'amore che prende forma in un tempo atteso ed eterno, negli sguardi che annullano tutto il resto, nelle carezze che accolgono tutto, quest'opera è la sintesi visiva dell'amore che non si dice.

Ho letto che gli antichi una volta prodotto un suono erano soliti modularlo, alzando e abbassando il tono senza allontanarsi 
dalle regole dell'armonia. Così deve fare l'artista che lavora ad un nudo

Tomohide Ikeya toglie il respiro

Tomohide Ikeya
Tomohide Ikeya è un giovane fotografo giapponese nato a Kanagawa nel 1974, dopo un passato da chef in un ristorante italiano, si avvicina sempre più alla fotografia subacquea, un tipo di fotografia che sembra più una tecnica pittorica.
L’artista usa l'acqua come se fosse una tela sulla quale dipinge e i colori con tutte le loro sfumature sono i protagonisti dei suoi scatti, questa sua concezione della fotografia ha una precisa motivazione infatti viene utilizzata per rievocare un ritorno alla placenta.
Il rapporto che lega l'acqua con il corpo è fortemente simbiotico ed è proprio questo aspetto che il fotografo giapponese vuole sottolineare con le sue foto.  
Breath è un progetto che sembra assumere le sembianze di un viaggio senza respiro, quasi in apnea, nel quale le urla sono soffocate, profonde, quasi indotte. 
Dietro a questa serie di scatti si celano le domande importanti, quelle relative agli elementi necessari della vita. Quegli elementi di cui ci rendiamo conto dell'importanza solo nel momento in cui si perdono o disperdono. 
Breathe
Se esiste un meccanismo veramente automatico che mettiamo in atto in maniera inconsapevole è quello legato al respiro, ecco perché Tomohide Ikeya "affoga" i suoi protagonisti e chi li guarda per sottolineare come l'assenza d'aria ci faccia rendere conto della sua necessità. 
Le immagini mostrano le reazioni degli esseri umani quando l'acqua assume il totale potere sul loro corpo, c'è chi si lascia sopraffare dalle onde aspettando di morire chi tenta di riappropriarsi del controllo.
Con il progetto Wave ha indagato sul rapporto tra natura e uomo ed è stato premiato con l’International Photography Awards nel 2007 e il Prix de la Photographie di Parigi. 

Wave

Una serie fotografica questa che evidenza la debolezza umana rispetto alla natura, elemento dominante sono le onde che sembrano tracciare una linea di confine e trattano gli esseri umani come oggetti bloccandone i movimenti per poi sommergerli del tutto.
Nel progetto Moon invece l'acqua nell'entrare in perfetta armonia con la luna ha una connotazione magicamente poetica.
Moon

Il mare non è mai stato amico dell'uomo. Tutt'al più è stato complice della sua irrequietezza (Joseph Conrad)

mercoledì 2 aprile 2014

Le strade di Daido Moriyama

Daido Moriyana
Daido Moriyama è considerato uno dei più grandi maestri della fotografia contemporanea giapponese, è nato a Ikeda-cho, Osaka, nel 1938, iniziò a studiare disegno, per poi abbandonare definitivamente la pittura in favore della fotografia.
E’ un artista solitario che viaggia per raccontare con le sue immagini in bianco e nero mondi nascosti dietro una finta realtà apparente perché per lui la fotografia è impatto e avulsa da ogni convenzione estetica.
Il fulcro della fotografia di Moriyama è l’esperienza che si allontana tanto dal classico approccio del reportage tanto da quello intimistico. Questa sua presa di posizione avviene in modo fortemente duro e provocatorio infatti le sue fotografie sono sfocate, sovraesposte, sembrano quasi sporche ma sono il suo unico mezzo per avvicinarsi alla realtà, a quell’unica verità possibile e autentica che esiste solo nel momento durante il quale il senso del tempo del fotografo e la natura frammentaria del mondo si incontrano.
Provoke no 2 -1969
Quella di Moriyana è una ricerca quotidiana costante che porta il fotografo a realizzare migliaia e migliaia di scatti, per lunghi anni, per una vita intera arrivando a una conclusione assai semplice che tutto ciò che lo sguardo incontra sia degno di essere fotografato.
A Moriyana non importa il soggetto ne’ l’autore, perché non c’è distinzione tra la realtà vissuta e la realtà nell’immagine perché ciò che veramente conta è il frammento di esperienza che la fotografia riesce a trovare.
Daido Moriyama spesso più che un fotografo sembra un cacciatore, un vagabondo che percorre le strade della vita per filtrare attraverso il suo sguardo il mondo che incontra.

Shinjuku - 2000/2004

Le foto di Moriyana nei contrasti del bianco e del nero sembrano distruggere la realtà perché seguono l’urgenza dell’impatto tralasciando qualsiasi compromesso estetico, con il suo sguardo duro racconta l’imperfetto che incontra nelle strade ma soprattutto il malessere interiore che viene fuori dall’incontro con l’ipocrisia del mondo esterno.

Con una piccola fotocamera in mano, cerco le strade, cerco la città, cerco il mondo, cerco me stesso

L’attimo di Henri Cartier-Bresson

Henri Cartier-Bresson
E’ il precursore del foto-giornalismo, il fotografo più conosciuto e amato di tutti i tempi è Henri Cartier-Bresson nato a Chanteloup-en-Brie il 22 agosto del 1908.
La sua perfezione compositiva è immensa così come il suo talento teso a rubare al tempo immagini in grado di testimoniare, attimi che sono diventati eterni.
Henri Cartier-Bresson era un po’ come un animale, sapeva fiutare la potenzialità di un momento decisivo e dentro di sé aveva la capacità di aspettare quella sola scossa che avrebbe reso quell’immagine unica.
La fotografia per lui era qualcosa di più che un semplice click con la sua inseparabile macchina fotografica, che con il tempo era diventata una sorta di protesi del suo corpo, quasi un prolungamento del suo occhio, con la quale catturava attimi per fissarne l’eternità.
In a train - 1975
All’inizio si appassionò alla pittura furono soprattutto i surrealisti francesi a influenzarlo ma poi nel 1931 dopo un lungo viaggio in Costa D’Avorio acquistò la sua prima macchina fotogr Leica 35mm con lente 50mm, e da quel momento Cartier-Bresson si dedicò a tempo pieno alla fotografia .
Italy - 1933 
Nel 1935 decise di chiudere con la fotografia e dedicarsi al cinema avvicinandosi al genere del documentario, un anno dopo volle mettere a servizio dell’informazione le sue competenze fotografiche ma nel 1940 venne catturato dai tedeschi e dopo tre anni di prigionie e due tentativi di fuga riuscì ad evadere dal campo e nel 1943 riuscì a tornare a Parigi per fotografare la fine della Guerra e tornò in Germania per immortalare la liberazione dei deportati.
Grazie al suo ardore rivoluzionario, alla sua passione militante degli anni Venti e Trenta e al suo desiderio di vedere e fare vedere è diventato il più grande realizzatore di immagine del ventesimo secolo.
Nel 2003, insieme alla moglie, inaugura a Parigi la Fondation Henri Cartier-Bresson con lo scopo di raccogliere le sue opere e creare uno spazio espositivo aperto a tutti gli artisti.
Muore il 3 agosto 2004 a L’Isle-sur-la-Sorgue, in Francia.

Mahatma Gandhi -1948

Curiosità: Henri Cartie-Bresson durante la sua carriera ebbe la possibilità di fotografare Albert Camus, Coco Chanel, Marcel Duchamp,  Mahatma Gandhi, Martin Luther King, Henri Matisse, Marilyn Monroe, Richard Nixon, Ezra Pound e Jean-Paul Sartre.

È un’illusione che le foto si facciano con la macchina…. si fanno con gli occhi, con il cuore, con la testa

martedì 1 aprile 2014

Amedeo Modigliani, l'artista maledetto


Jeanne 1919
Amedeo Modigliani nasce a Livorno nel 1884, prima di essere un pittore Modigliani fu soprattutto uno scultore, ma dovette smettere ben presto dal momento che la sua salute cagionevole non gli permise di sostenere lo sforzo fisico necessario, ma ne giovò la sua attività pittorica che da quel momento si intensificò particolarmente.
Amedeo Modigliani rientra in quella famosa cerchia degli artisti particolari, era un solitario, un indefinibile, non inquadrabile in nessuna corrente precisa, ancora oggi la sua figura è avvolta da un alone di leggenda e di mistero, quella dell’artista maledetto, non a caso il suo soprannome, Modì, è molto simile al suono francese maudit, sempre irrequieto e tormentato si da ben presto all’uso di droghe e alcol vivendo in un costante sentimento di infelicità che sfociava spesso in depressione.
Si dedicò ai nudi e ai ritratti di tutte le persone che gli sono stati accanto, che lo hanno compreso, che lo hanno amato nonostante i suoi umori, tutte le persone che hanno sofferto con lui, i ritratti sono costruiti sulla base di una vigorosa linea disegnativa e sugli stacchi tonali del colore. La figura umana, il ritratto, il nudo, sono i suoi interessi perché ciò da cui è attirato è l'uomo, con tutti i suoi sentimenti e tutte le sue passioni. Modigliani fu un artista fortemente disperato, autodistruttivo, si sentiva solo contro tutti alla costante ricerca di se stesso nei volti e negli occhi che dipingeva.



I volti stilizzati e i colli affusolati si allungano incredibilmente, si deformano e nonostante la realtà rimane il fondamento della concezione del Modigliani ne risulta comunque trasfigurata in una superiore  perfezione stilistica. L’immagine sembra seguire una musicale successione di curve con audaci accordi di colori, uno stile unico e inimitabile.
Per via dei suoi vizi Modigliani condusse un’esistenza tumultuosa e morì il 24 gennaio 1920 a Parigi, la sua giovane moglie, Jeanne Hébuterne si suicidò il giorno dopo il suo decesso.
Un’altra leggenda vive attorno alla figura di Amedeo Modigliani, si dice che Pablo Picasso in punto di morte indicò Modigliani come il suo più acerrimo nemico in pittura.

Curiosità:  Nel maggio 2005 uscì nelle sale cinematografiche I Colori dell’anima un film scritto e diretto da Mick Davis sulla turbolenta vita di Modigliani. Ad interpretare Modì un bravissimo Andy Garcia.  


“Il tuo unico dovere è salvare i tuoi sogni”


Vincent Van Gogh tra genialità e follia

Autoritratto con orecchio bendato e pipa
1889
Vincent Van Gogh nasce il 30 marzo 1853 a Zundert un villaggio dell’Olanda meridionale è conosciuto come uno dei più grandi pittori del XIX secolo ma soprattutto per essere l’emblema del genio incompreso in vita ma entusiasticamente osannato dopo la sua prematura morte. La sua carriera artistica non fu lunghissima, cominciò a dipingere piuttosto tardi a 27 anni e lo fece per un solo decennio, un periodo breve durante il quale però produsse una quantità enorme di opere, in vita riuscì a vendere un unico quadro Rossi vigneti ad Arles che ritrae un gruppo di contadini che lavorano in un vigneto sotto un sole cocente in un paese del sud della Francia. Oggi è fra gli artisti più ricercati, il Ritratto del dottor Gachet, un medico diventato suo amico, ha battuto nel 1990 il record del prezzo più alto pagato all’asta per un’opera d’arte.
La vita di Van Gogh fu una vita difficile fatta di povertà, di ideali traditi e di molte delusioni d’amore da questo ne derivò un profondo malessere interiore che lo tormentò per tutta la vita conducendolo fino all’epilogo del suicidio. 
Girasoli 1888

Van Gogh non era un folle nell’accezione classica del termine, al contrario era molto colto lavorava con metodo, scriveva di arte con estrema passione e competenza, la prova è nelle centinaia di lettere che scriveva a suo fratello Theo nelle quali l’arte prendeva la forma delle parole. 
Il nome di Van Gogh è legato a diverse cose ma a due in particolare la prima sono gli autoritratti, ne dipinse più di quaranta e appartengono tutti ai suoi ultimi cinque anni di vita. Per l’artista erano diventati una necessità, un’urgenza, un desiderio di comunicare, l’unico mezzo per uscire dalla solitudine esistenziale. Ogni autoritratto è la messa in scena del suo dramma umano e dipingersi era diventato l’unico modo per svelarlo  e renderlo comprensibile a tutti coloro che si fermavano a guardare i suoi occhi fissi. Un mezzo introspettivo quasi ipnotico che crea inevitabilmente una relazione empatica con l’osservatore.  
La seconda cosa sono i Girasoli la sua opera più famosa, sono il soggetto di ben dodici tele. Il girasole ebbe per Vincent un significato particolare il giallo rappresentava l’amicizia e la speranza  e il suo sbocciare simboleggiava la gratitudine.
Una sera di luglio del 1890, a soli trentasette anni, Vincent Van Gogh si spara in un campo di grano e due giorni dopo muore, assistito dal fratello.

Curiosità: Su Vincent Van Gogh è stato scritto anche un brano musicale da Don McLean, contenente nell’album American Pie del 1971. Conosciuta anche come Starry Starry Night, la canzone dimostra una profonda ammirazione non solo per i lavori del pittore ma anche per l’artista stesso in quanto uomo.
In Italia Francesco De Gregori l'ha tradotta in italiano con il titolo Come un anno fa e un'altra traduzione è Vincent  realizzata e incisa da Roberto Vecchioni.




      “Il modo migliore di amare la vita è amare molte cose”



Gustav Coubert e il suo realismo provocatorio

Autoritratto - Il disperato - 1844

Gustave Coubert nasce a Ornans nel 1818 è il principale esponente del Realismo francese inteso come descrizione oggettiva della realtà così come appare ai nostri occhi, senza aggiunte da parte del pittore, senza filtri né interpretazioni.
Dopo un primo periodo romantico entra ben presto in polemica con il Romanticismo, con la cultura ufficiale dell’impero di Napoleone III, con la borghesia capitalista e di conseguenza con l’Accademia di Belle Arti perché accusata di trasmettere attraverso l’insegnamento le direttive del governo.
Nei suoi temi Courbet ignora qualsiasi riferimento storico o mitologico, per concentrarsi sui piccoli fenomeni del quotidiano, fermati con un occhio estremamente analitico, oggettivo e distaccato perché il realismo di Coubert è prima che uno stile un costume morale.
La componente più rivoluzionaria della pittura di Courbet è questa attenzione sul dato concreto, l’artista è solito ritrarre personaggi in modo spontaneo, senza ricorrere ad alcuna messa in posa.
L'origine del mondo - 1866

L’opera che in assoluto fece più scandalo della produzione di Coubert è L’origine del mondo, nessuno né prima né dopo di lui osò così tanto, un dipinto di una poesia assoluta, il ritratto di quell’elemento nel quale la vita viene concepita. Uno spiraglio profondo, vivo che nella sua autenticità si configura come l’antitesi della morte.
Per Courbet la donna rappresentava una vera e propria epifania emotiva, un essere incantevole e affascinante in grado risvegliare l’artista attraverso la sua carnalità e sensualità. Che fosse contadina o duchessa, la donna fu per Courbet  sintesi perfetta della natura.
Orgoglioso e consapevole delle proprie capacità e del proprio talento rivoluzionario, Courbet fece della sua opera e della sua vita un manifesto liberatorio con il quale abbattere i tabù che ancora ingombravano la società parigina.
Il 30 dicembre 1877 Courbet muore esule in Svizzera a La Tour-de-Peliz.

Curiosità: L’origine del mondo pare abbia anche un volto sarebbe quello di Jhoanna Hiffernan amante irlandese di Coubert.

“Non ci possono essere scuole: ci sono soltanto pittori”



Tutte le donne di Gustav Klimt

Danae
1907- 1908
Gustav Klimt nasce il 14 luglio del 1862 a Buamgarten, vicino Vienna già da giovanissimo appena quattordicenne inizia a frequentare la Scuola d'Arte e Mestieri della capitale, dove approfondisce le diverse tecniche utilizzate nell'arte classica, come l'affresco e il mosaico, ma al tempo stesso entra in contatto con i fermenti più innovativi di alcuni movimenti artistici. Non si può parlare di Klimt ignorando il fatto che la sua storia artistica coincide con quella della Secessione viennese, quest’ultima raggruppa quei movimenti artistici, nati alla fine del 1800 tra la Germania e l’Austria, che avevano come obiettivo principale quello di creare uno stile che si distaccasse da quello accademico, un vero e proprio scatto di ribellione, improntato sul sovvertimento dei canoni ufficiali, sulla rivolta generazionale che intendeva liberare l'arte dalle catene delle convenzioni . 
Il bacio 1907-1908
La sua carriera di artista inizia realizzando decorazioni pittoriche di diversi edifici pubblici, un esempio è la decorazione dell'aula magna dell'Università di Vienna, avente per tema la filosofia, la medicina e la giurisprudenza, eseguita tra il 1900 e il 1903. Questo lavoro provocò non poche critiche da parte delle autorità viennesi, che lo contestarono per il contenuto fortemente esplicito ed erotico. In Klimt prevale il simbolo, inteso come evocazione della realtà piuttosto che come sua mera rappresentazione, elemento fondamentale nei lavori di Klimt è la donna, la figura femminile è ripresa da personaggi della quotidianità, il più delle volte si tratta di prostitute, viste come muse bellissime, premurose madri, ma anche come predatrici, che fanno del loro fascino una trappola fatale, spesso sono ritratte in atteggiamenti decisamente provocatori, ma sempre eleganti e tenere da non risultare mai eccessive. Era uno spirito libero Klimt infatti non si sposerà mai, ma in compenso ebbe molte relazioni con le modelle che posavano per lui, donne che amò tutte. Era un rivoluzionario si oppose fermamente alle idee conservatrici dei suoi contemporanei, buttando giù barriere e divieti, provocò attraverso dipinti erotici e simbolici che altro non erano che la sintesi figurativa dei sogni, delle paure e delle passioni dell’uomo. Gustav Klimt morì il 6 febbraio 1918, a causa di un ictus. 

Curiosità: Nel 1909 Klimt dipinse Il bacio, probabilmente il suo dipinto più famoso, il quadro pare raffiguri lo stesso artista ed Emilie, una delle tante donne che amò e che era sorella di sua cognata.

 “Tutta l’arte è erotica”